Ritorno al passato


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Il Grande Vuoto

Uno spettacolo di Fabiana Iacozzilli

Dramaturg Linda Dalisi
Performer Ermanno De Biagi, Francesca Farcomeni, Piero Lanzellotti, Giusi Merli e Mona Abokhatwa
Progetto e realizzazione scene Paola VIllani
Luci Raffaella Vitiello
Musiche originali Tommy Grieco
Suono Hubert Westkemper
Video Lorenzo Letizia
Costumi Anna Coluccia
Scenotecnica Mauro Rea e Neo scenografie di Paolo Immarone e VIncenzo Fiorillo
Tecnica luci Francesca Zerilli
Fonico Jacopo Ruben Dell’Abate
Aiuto Regia Francesco Meloni
Assistenti Virginia Cimmino, Francesco Savino, Veronica Bassani ed Enrico Vita
Collaborazione artistica Marta Meneghetti e Cesare Santiago Del Beato
Foto di scena Laila Pozzo
Foto Francesco Bondi

A completamento di una trilogia del tempo che Fabiana Iacozzilli ha impropriamente chiamato “trilogia del vento”, dopo il breve “La Classe”, dedicato ai suoi problemi dell’infanzia e il magnifico, almento nella prima versione, “Una cosa enorme” (La revisione di quest’anno offre troppe spiegazioni attraverso didascalie di cui non si sentiva proprio il bisogno, oltre ad altri particolari su cui non vorrei dilungarmi), dedicato ai suoi problemi con la maternità e con la morte, Fabiana Iacozzilli offre al pubblico di Roma Europa Festival il capitolo conclusivo “Il grande vuoto”, dedicato ai suoi problemi familiari.

L’attesa era notevole, la grande impressione suscitata dal meraviglioso “Una cosa enorme” nella versione di due anni fa faceva pregustare un’altra impresa artistica. C’erano e ci sono tutt’ora pochissime imagini e manca il teaser che di solito accompagna le prime di REF.

Struggente nella prima breve parte dedicata all’amore profondo, caratterizzato, come tutte le grandi storie, da momenti di bisticcio e momenti di infinito, eterno amore, e quindi alla fase finale di una storia durata decenni di una coppia di giovanissimi vecchietti innamorati (Ermanno De Biagi e Giusi Merli), la storia si sposta al racconto, successivo alla morte del padre, di una famiglia che a causa del morbo di Alzheimer che colpisce la madre si trova a vivere un vita di solitudini, impossibilitati a comunicare fra loro e la cosa si ripercuote anche al rapporto profondamente conflittuale tra i due fratelli (Francesca Farcomeni e Piero Immarone) con l’inserto di una badante.

Lo spettacolo si conclude col tentativo da parte dell’autrice di farci vivere il dramma di una donna ormai morta al mondo perché, appunto, senza memoria, trasportandoci nel suo mondo di fantasia e facendoci entrare tutti gli attori e tutti noi spettatori, rendenci tutti, per un breve tempo perduti al mondo e nella memoria.

Il tentativo riesce in parte e fallisce nel punto in cui Fabiana Iacozzilli trasforma tutto in un’Helzapoppin ridondante di oggetti di espedienti scenici, di video sovrapposti e di descrizioni o esplicitazioni il tutto in maniera talmente eccessiva che rompono il momento scenico come un mosaico non ben riuscito e che non regge perdendo tasselli uno a uno.

La cosa che mi ha colpito andando a rivedere i credits è la ridondanza di collaboratori alla messa in scena: 21 collaboratori fra cui una dramaturg che libera la Iacozzilli dalla responsabilità dei dialoghi (spesso veramente noiosi e anch’essi ridondanti) lasciandole solo quella della regia scenica le cui scelte mi lasciano del tutto perplesso.

L’impressione è che Fabiana Iacozzilli si sia voluta liberare della sua straordinaria capacità artistica di rendere un senso alla scena attraverso pochi, ben curati, artisticamente molto significati gesti, movimenti e scenari per esplodere in un circo senza fondo e, ahimé, senza costrutto.

Gli attori: splendido se non veramente magnifico nella sua brevissima parte il vecchio Ermanno De Biagi molto brava ma secondo me mal gestita dalla ridondante troupe Giusi Merli, bravissima Mona Abokhatwa, al suo esordio teatrale, che vive la vicenda come una spettatrice divertita e che partecipa perché assunta per svolgere quel compito. Noiosi e decisamente fuori parte Francesca Farcomeni e Piero Immarone.

Peccato, “Una cosa enorme”, nella versione di due anni fa mi aveva mostrato una artista capace di fare scena in maniera mirabile e profonda. Ma forse è stato un caso.

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