Otello. Dalla tragedia di Shakespeare al dramma romantico di Boito


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Otello, dalla tragedia di Shakespeare al dramma romantico di Boito

di Giovanni De Merulis

1. Introduzione

Il libretto di Arrigo Boito per l’Otello di Verdi semplifica i caratteri dei tre personaggi principali rispetto alla tragedia di Shakespeare. Prendendo in esame, in particolare, la soppressione del I Atto veneziano della tragedia e l’aggiunta di due importanti passaggi, entrambi nel secondo atto dell’Opera – ed entrambi assenti dalla tragedia originale – il ‘Credo scellerato’ di Iago e il ‘Coro degli omaggi’, si vuole individuare in queste modifiche lo scopo di adattare il testo originale alle interpretazioni romantiche prevalenti a fine ottocento.

2. Otello, un dramma romantico

La prima rappresentazione di Otello di Shakespeare al Teatro Re di Milano nel 1856, nell’interpretazione dell’attore Gustavo Modena, venne interrotta dal pubblico che aveva scambiato la tragedia con una farsa.[1] La prima importante traduzione in Italiano, dall’originale inglese a cura di Carlo Rusconi venne pubblicata nel 1838 e fu a lungo la versione italiana di riferimento.[2] Questa era nota e venne utilizzata da Verdi e anche da Boito che fece però principalmente ricorso ad una traduzione francese del 1860 di François-Victor Hugo.[3] Queste traduzioni, pur molto fedeli all’originale shakespeariano, risentivano tuttavia del clima romantico dell’epoca, ed erano accompagnate sempre da note introduttive e commenti che davano una lettura dei personaggi e della vicenda, legata al loro tempo. Il romanticismo aveva preso molto sul serio l’opera shakespeariana – a differenza del settecento in cui la tragedia era stata ridotta a farsa[4] – ma, da una parte la razza di Otello (negro o moro?), dall’altra la natura di Iago, e ancora la stessa figura di Desdemona così moderna e spregiudicata avevano una carica troppo dirompente per il pubblico dell’epoca,[5] e quindi si cercò di neutralizzarle.[6] Le due principali interpretazioni romantiche della tragedia di Otello sono quelle di Schlegel e di Coleridge.[7] secondo la visione di Schlegel, l’essenza del carattere dell’eroe Otello era la sua primitività e barbarie. Ecco quindi un Otello selvaggio, brutale, pronto a dimenticare tutti gli usi e costumi occidentali per cadere vittima delle sue origini in un’Africa infuocata piena di belve feroci e piante velenose, appena viene instillato in lui il veleno della gelosia.[8] Iago invece, per Schlegel è ‘nero dentro’ ed è ‘il più sottile furfante che sia mai stato ritratto’.[9] La versione di Coleridge, invece, risolveva il problema della negritudine di Otello affermando che egli fosse in realtà un ‘moro del Nord-Africa’ quindi non era proprio negro ma scuro di pelle, la qual cosa si conciliava meglio col fatto che potesse avere sposato una bianca. Quanto a Iago, veniva dipinto come un carattere senza passioni, puro intelletto, le cui motivazioni dell’agire malvagio ricadevano su un piano metafisico, demoniaco. Se Otello era un nobile Moro e Iago una creazione fantastica ispirata al diavolo, qualsiasi imbarazzo che la tragedia potesse provocare alla ricezione del pubblico dell’epoca era risolto.[10]

Furono le grandi interpretazioni di Tommaso Salvini e di Ernesto Rossi a portare al successo nei teatri italiani la tragedia shakespeariana. Grazie anche a loro si creò una fase di nuovo entusiasmo generale in Italia per Shakespeare, un periodo in cui egli veniva considerato il ‘nuovo’ dominante e la forza liberatrice della riforma del teatro ottocentesco italiano.[11] Rossi interpretava Otello secondo la visione di Schlegel che all’epoca era dominante nell’Europa continentale: Iracondo, feroce , sanguigno, ‘negro’[12]. La versione di Salvini, del 1856 come quella di Rossi, era più complessa e moderna, e influenzò notevolmente il teatro anche negli anni successivi a partire da Stanislavskij che, sulla base anche di quella interpretazione, prese spunto per il lungo lavoro che lo avrebbe portato al ‘metodo’.[13] Otello non era più tanto un dramma della violenta gelosia quanto quella di un profondo amore idealistico.

      E’ in questo clima che si inserisce il lavoro di Boito e di Verdi, e le loro scelte saranno influenzate molto in particolare da Rossi[14] e da Schlegel.

3. La soppressione dell’atto veneziano

Con la soppressione di gran parte del I atto veneziano della tragedia di Shakespeare, Boito e Verdi sottraggono alcuni importanti elementi alla caratterizzazione dei personaggi principali che così semplificati divengono più accessibili alla sensibilità di fine ottocento. Il protagonista, nell’Otello di Shakespeare si presenta fondamentalmente come un eroe classico, una persona che ha costruito la sua gloria mattone su mattone passando per avventure indescrivibili e che ora, giunto all’apice del successo, scopre, turbato, l’amore nelle vesti della giovane e nobile Desdemona. Egli è senz’altro genuinamente e teneramente innamorato di Desdemona ma su questo amore poggiano anche considerazioni politiche. Viene accolto nelle famiglie patrizie come un simpatico oggetto d’interesse ma resta sempre uno straniero e un moro e attraverso il matrimonio con Desdemona, Otello credi di realizzare anche il suo desiderio di essere accettato come veneziano tra suoi pari. Queste problematiche sono leggibili nel primo atto della tragedia shakespeariana, nelle dure parole di Brabantio che accusa Otello di stregoneria e di delitto contro la natura, intendendo con questo la civiltà occidentale, per  avere ‘circuito’ Desdemona,[15] nella nobile autodifesa di Otello,[16] nella ferma e assai ardita, per l’epoca, rivendicazione di indipendenza di Desdemona,[17] nell’audacia con cui ella stessa chiede di partire con suo marito per poter assolvere ai «riti d’amore» mentre Otello, imbarazzato, chiede che le venga concesso di seguirlo «non per indulgere alla passione …. ma per essere liberale e generoso con il suo spirito».[18] Infine in questo atto veneziano, c’è l’avvertimento di Brabantio che potrebbe aiutarci a meglio comprendere la facilità con cui Otello si lascerà catturare dalle trame di Iago: «Bada a lei, Moro, se hai occhi per vedere:  ha ingannato suo padre e può ingannare te.».[19]

Tralasciando le molte interpretazioni ‘strutturali’ sulle motivazioni che portarono alla eliminazione del primo atto veneziano, in particolare di Degrada,[20]Powers,[21] Budden,[22] Pianigiani[23] e Marica,[24] mi voglio soffermare sulla semplificazione dei caratteri dei personaggi che ne deriva, in chiave romantica. Di Otello, in seguito a questi tagli, veniamo a sapere – e solo alla fine del primo atto dell’opera di Verdi – che ha conquistato Desdemona col racconto delle sue avventure ma non abbiamo nessun indizio delle problematiche legate al suo sentirsi sempre straniero e diverso socialmente, mentre il tema razziale viene posto sullo sfondo e verrà solo parzialmente evocato dallo stesso Otello nel quartetto del secondo atto. Guardando quest’eroe cadere repentinamente viene da domandarsi con Lodovico: «quest’è dunque l’eroe? Questo il guerriero dai sublimi ardimenti?».[25]  Di Desdemona ignoriamo con quanta energia e capacità di ribellione avrà strappato il consenso sociale al suo matrimonio con Otello, e quanto essa stessa rivendichi il suo essere donna che vuole dare e ricevere piacere dal proprio rapporto coniugale. Così operando, Verdi e Boito sono fedelissimi al quadro schlegeliano; Otello non è che un selvaggio pronto a cadere nella trappola di Iago. In sostegno di questo basti pensare che Boito unifica, nel II atto, i primi due dialoghi tra Desdemona e Otello, eliminando così la contraddizione costituita dal vedere Otello un’ultima volta veramente innamorato di Desdemona (anche la frase ‘quel canto mi conquide’ alla fine del coro degli omaggi sembra alludere più a un desiderio carnale che a un pensiero d’amore), e presentandocelo fin da subito irragionevolmente offuscato dalla gelosia. Desdemona, privata del confronto con il padre e il doge nel I atto, perde quella dimensione “guerriera”, nonché molta della sua esplicita sessualità. Diviene un angelo di innocenza verosimilmente tale perché è proprio la sua innocenza che la rende cieca e completamente vulnerabile alla minaccia che incombe[26]. Corrisponde così all’immagine che ne aveva Verdi,[27] sulla falsariga del pensiero schlegeliano:[28] Un’altra importante semplificazione dovuta alla soppressione del primo atto riguarda anche Iago e l’uso della figura retorica dell’ipotiposi, la volgarità soprattutto a sfondo sessuale. Ma quello di addolcire i pesanti riferimenti sessuali di Iago (che è un puritano che vive la sessualità come un abominio ma è anche fortemente attraversato da desideri libidici e soprattutto da fantasie sui desideri altrui),[29],[30] è un obiettivo di tutto il libretto boitiano, anche qui seguendo il pensiero schlegeliano.[31]

4. Il ‘Credo scellerato’

Il grande, demoniaco, Credo, quest’aria sui generis, definita «aria fatta di parlato» o «declamato melodico»,[32] scritto da Boito in versi sciolti, ci presenta Iago come «un malvagio che non possiede neppure la metà delle motivazioni del suo omonimo shakespeariano. Iago è malvagio senza ragione ma come conseguenza naturale del suo esistere»[33]. Il Credo esplicita anche un altro aspetto tutt’affatto assente nella  tragedia shakespeariana: la questione religiosa,[34] che rivedremo anche nel ‘coro degli omaggi’. Ancora una volta ci ritroviamo immersi nelle parole di Schlegel.[35] Nel ‘Credo scellerato’ Iago viene presentato, a dispetto del testo introduttivo alla disposizione scenica,[36] come un personaggio diabolico. Le sue blasfeme anafore mettono in parodia il Credo Romano e vanno ben oltre il primo Iago che Boito aveva tratteggiato in un’aria a versi più regolari e tutta impostata sul tema dell’invidia umana.[37] Anche subito dopo il credo, Iago, quando invoca Satana e guarda voyeuristicamente il dialogo tra Desdemona e Cassio somiglia molto a un Klingsor che si prepara a mettere in atto tutti i suoi strumenti magici per fermare Parsifal.[38]

5. Il ‘coro degli omaggi’

            Questo sublime affresco musicale, una luce improvvisa e folgorante nel bel mezzo della prima iniezione di veleno di Iago, spesso cassata da direttori e registi troppo presi dal loro narcisismo, offre ai nostri sensi la sublimazione e la santificazione di Desdemona. Avevo già accennato alla forte presenza religiosa nell’opera, a differenza della tragedia di Shakespeare, e questo piccolo, meravigliosa quadro, che si svolge in uno spazio quasi retroscenico, un retroscenico visibile perché protetto solo da vetri, ci mostra un rito di devozione per Desdemona. Un canto semplice come quello della Messa, in cui bambini, marinai e donne come in un rito di offertorio portano all’altare di Desdemona i loro semplici doni. Naturalmente non sfugge il significato di questo quadro: già conosciamo le opinioni di Verdi (e quindi di Schlegel) sull’argomento Desdemona. Ella è un agnello sacrificale, vittima inconsapevole del suo eroe brutalizzato dal veleno demoniaco di Iago.

6. Conclusioni

            Come scritto nell’introduzione l’obiettivo di questo scritto era quello di mostrare lo stretto collegamento tra il libretto di Boito e il pensiero romantico di fine ottocento, e il legame tra le modificazioni alla tragedia shakespeariana e il pensiero in particolare di Schlegel, a mio giudizio avvalora questa ipotesi.

            Verdi era un conservatore, un romantico e Boito un innovatore, più tendente al decadentismo. Eppure alle grandi innovazioni di tipo musicale del conservatore Verdi corrispose una stretta osservanza della lettera del pensiero prevalente da parte di Boito, l’innovatore. Questo probabilmente perché entrambi vivevano nel proprio tempo ed entrambi capivano, forse meglio di altri, dove stessero andando la poesia musicale e l’opera. Il risultato è questo immenso capolavoro chiamato Otello.

Bibliografia

  1. Edo Bellingeri, Stanislavskij prova Otello, Roma, Artemide, 2008.
  2. Arrigo Boito, Otello. Libretto, Milano, Ricordi, 1998;
  3. Julian Budden, Le opere di Verdi, III, trad. Fabrizio Sella Seta, Torino, EDT 1988;
  4. Francesco Degrada, Otello: da Boito a Verdi, in Il Palazzo Incantato: studi sulla tradizione del melodramma dal Barocco al Romanticismo, Fiesole, La Nuova Italia, 1979, pp. 155-166;
  5. Anselm Gerhard, Verdi, Wagner e la prosa musicale, Programma di sala, Teatro La Fenice, Venezia, 2002, pp.127-148;
  6. Michele Girardi, Fonti francesi del Falstaff e alcuni aspetti di drammaturgia musicale in Arrigo Boito, a cura di Giovanni Morelli, Firenze, Olshki, 1994, pp. 395-411;
  7. James H. Hepokoski, Giuseppe Verdi: Otello, Cambridge, Cambridge University Press, 1987;
  8. James H. Hepokoski e Mercedes Viale Ferrero, Otello di Giuseppe Verdi, trad. it. Francesco Degrada Milano, Ricordi, 1990;
  9. Marco Marica, La ‘diversità’ come fonte d’ispirazione artistica, in Otello, Programma di sala, Teatro La Fenice, Venezia, 2002, pp.149-167;
  10. Allardyce Nicoll, Lo spazio scenico, Roma, Bulzoni, 1971.
  11. Frits Noske, ‘Otello’ dramma attraverso la struttura, in Dentro l’opera. Struttura e figura nei drammi musicali di Mozart e Verdi, Venezia, Marsilio, 1993, pp. 155-192;
  12. Giorgio Paduano Otello, Programma di sala, Teatro La Fenice, Venezia, 2002, pp.119-123;
  13. Pierluigi Petrobelli, Boito e Verdi, in Arrigo Boito, a cura di Giovanni Morelli, Firenze, Olshki, 1994, pp. 261-273;
  14. Guglielmo Pianigiani, Giuseppe Verdi, Otello, Pisa, ETS, 2009;
  15. Marzio Pieri, Le faville dell’opera. Boito traduce Shakespeare, in Arrigo Boito, a cura di Giovanni Morelli, Firenze, Olshki, 1994, pp. 145-161;
  16. Ugo Piovano, Otello fu. La vera vita di Francesco Tamagno il ‘tenore.cannone’, Milano, Rugginenti, 2005;
  17. Harold S. Powers, Boito rimatore per musica, in Arrigo Boito, a cura di Giovanni Morelli, Firenze, Olshki, 1994, pp 355-394;
  18. David Rosen, La mess’in scena delle opere di Verdi. Introduzione alle «Disposizioni sceniche» Ricordi, in La drammaturgia musicale, a cura di Lorenzo Bianconi, Bologna, Il Mulino, 1986, pp. 209-222;
  19. Alessandro Serpieri, Otello: l’eros negato, Napoli, Liguori, 2003;
  20. William Shakespeare, Othello, a cura di Shaul Bassi, Trad. it. Alessandro Serpieri, Venezia, Marsilio, 2009;
  21. Konstantin S. Stanislavskij, Il lavoro dell’attore sul personaggio, a cura di Fausto Malcovati, Bari, Laterza, 2010
  22. Maurizio Tagliabue Giuseppe Verdi – Otello il Moro di Venezia, Milano e Sant’Agata, dal sito internet www.magiadellopera.com;
  23. Ferruccio Tammaro, Ambivalenza dell’Otello Rossiniano in AA.VV, il Melodramma italiano dell’ottocento. Studi e ricerche per Massimo Mila, Torino, Einaudi, 1977, pp 187-235;
  24. Giuseppe Verdi, Otello. Opera completa per canto e pianoforte a cura di Michele Saladino, Milano, Ricordi, 2006;
  25. Mercedes Viale Ferrero, Boito inventore di Immagini Sceniche. Rapporti significativi tra immagine poetica e immagine scenica, in Arrigo Boito, a cura di Giovanni Morelli, Firenze, Olshki, 1994, pp. 275-296;
  26. Richard Wagner, Parsifal, a cura di Guido Manacorda, Firenze, Sansoni, 1982.
  27. Piero Weiss, Verdi e la fusione dei generi, in La drammaturgia musicale, a cura di Lorenzo Bianconi, Bologna, Il Mulino, 1986, pp. 75-92;

[1] Ferruccio Tammaro, Ambivalenza dell’Otello Rossiniano in AA.VV, il Melodramma italiano dell’ottocento. Studi e ricerche per Massimo Mila, Torino, Einaudi, 1977, pp 187-235: 227.

[2] «Carlo Rusconi’s problematic, occasionally inaccurate prose translation 1838 was the standard mid-century italian Shakespeare» James H. Hepokoski, Giuseppe Verdi: Otello, Cambridge, Cambridge University Press, 1987, p. 24.

[3] Per la Stesura del libretto e le fonti di Boito e di Verdi, vedi James A. Hepokoski, Giuseppe Verdi: Otello, cit, in particolare il capitolo 2. Creating the libretto: Verdi and Boito in collaboration, pp. 21-47.

[4] Alessandro Serpieri, Otello: l’eros negato, Napoli, Liguori, p 225.

[5] Per comprendere gli aspetti problematici prodotti dalla vicenda di Otello nel pubblico dell’epoca basti leggere quanto ancora nel primo novecento Stanislavskij fa dire al personaggio del regista nel suo ultimo lavoro sulla tecnica teatrale: «(parlando dell’Otello) In realtà non è neanche una tragedia, ma un melodramma, in cui intreccio e avvenimenti sono così poco verosimili che si stenta a crederci. Ma giudicate voi stessi: un generale negro! Non solo a quel tempo, ma anche ai giorni nostri quando si fa tutto per negare l’esistenza del razzismo e emarginazione, chi ha mai viso dei generali negri? E considerate che adesso ci troviamo in un’epoca moderna, ma provate a pensare ai tempi passati e a Venezia!! Ecco che questo immaginario generale negro ruba la più bella, la più ingenua, la più favolosa fanciulla, Desdemona. Che cosa inverosimile! Provi pure un qualsivoglia selvaggio a rapire la figlia di un re inglese o di qualunque altra nazione! Che bella lezione impartirebbero a questo Romeo da melodramma.» Konstantin S. Stanislavskij, Il lavoro dell’attore sul personaggio, a cura di Fausto Malcovati, Bari, Laterza, 2010, p. 145.

[6] Alessandro Serpieri, Otello: l’eros negato, cit., p 225.

[7] I testi di riferimento sono: Samuel T. Coleridge, Marginalia on Othello, in Literary Remains, a cura del nipote H.N. Coleridge e August W. Schlegel, Vorlesungen über dramtische Kunst und Literatur, citati in  Alessandro Serpieri, Otello: l’eros negato, cit. Per una rassegna completa delle interpretazioni critiche dell’Othello vedi ibidem  pp. 225-244

[8] James A. Hepokoski, Giuseppe Verdi: Otello, cit, p 166.

[9] Alessandro Serpieri, Otello: l’eros negato, cit, p 227.

[10] Ibidem.

[11] James A. Hepokoski, Giuseppe Verdi: Otello, cit, p 163.

[12] Ibidem, p. 166.

[13] Edo Bellingeri, Stanislavskij prova Otello, Roma, Artemide, 2008, pp. 52-64

[14] Non è un caso, forse, che al Luncheon all’Hotel Milan, offerto da Giulio Ricordi per celebrare, la mattina seguente, la prima di Otello era presente fra gli invitati Ernesto Rossi. Vedi Ugo Piovano, Otello fu. La vera vita di Francesco Tamagno il ‘tenore.cannone’, Milano, Rugginenti, 2005; p. 210, n. 7.

[15] William Shakespeare, Otello, a cura di Shaul Bassi, Trad. it. Alessandro Serpieri, Venezia, Marsilio, 2009, I, 2, vv. 62-75 e I, 3, vv 95-107.

[16] Ibidem, I, 3, vv. 129-170.

[17] Ibidem, I, 3, vv. 180-189.

[18] Ibidem, I, 3, vv. 249-275.

[19] Ibidem, I, 3, vv. 293-294.

[20] «In realtà già la decisione di amputare l’intero primo atto dell’originale e di aprire col prologo grandioso chiuso tra tempesta e duetto d’amore, valeva  ad isolare i protagonisti contro lo sfondo delle loro passioni considerate in maniera irrelata, naturalisticamente, in se e per se». Francesco Degrada, Otello: da Boito a Verdi, in Il Palazzo Incantato: studi sulla tradizione del melodramma dal Barocco al Romanticismo, Fiesole, La Nuova Italia, 1979, pp. 155-166: 158.

[21] «Per quanto riguarda la commedia preliminare alla tragedia, eliminando la maggior parte dell’atto veneziano, Boito tolse di scena la doppia umiliazione di Brabantio ad altre volgarità». Harold S. Powers, Boito rimatore per musica, in Arrigo Boito, a cura di Giovanni Morelli, Firenze, Olshki 1994 pp 355-394.

[22] Sulle critiche alla soppressione del primo atto: «In un dramma parlato il pubblico ha bisogno di conoscere la motivazione di un sentimento» ……. «Nell’opera bastano pochi abili tocchi di musica per presentarci Otello in tutta la sua tranquilla autorità» ……. «L’anima è ‘purgata dalla pietà e dall’orrore’ senza l’aiuto dell’atto veneziano». Julian Budden, Le opere di Verdi, III, trad. Fabrizio Sella Seta, Torino, EDT 1988, p. 323.

[23] «La soppressione dell’Atto veneziano indica, rispetto a Shakespeare, la volontà di mostrare subito la grandezza eroica di Otello nel suo più vertiginoso risplendere, cui guardare con rimpianto e nostalgia nel costante precipitare degli eventi». Guglielmo Pianigiani, Giuseppe Verdi, Otello, Pisa, ETS 2009, p. 41.

[24] «L’eliminazione di quest’atto non corrisponde però solo all’esigenza di salvare le classiche unità di luogo e d’azione, bensì alla volontà di porre Otello al centro del dramma». Marco Marica, La ‘diversità’ come fonte d’ispirazione artistica, in Otello, Programma di sala, Teatro La Fenice, Venezia, 2002, pp.149-167: 165.

[25] Frits Noske, ‘Otello’ dramma attraverso la struttura, in Dentro l’opera. Struttura e figura nei drammi musicali di Mozart e Verdi, Venezia, Marsilio, 1993, pp. 155-192: 156.

[26] Maurizio Tagliabue Giuseppe Verdi – Otello il Moro di Venezia, Milano e Sant’Agata, dal sito internet www.magiadellopera.com.

[27] «Desdemona non è una Donna, è un tipo! Il tipo della bontà, della rassegnazione, del sagrifizio! Sono esseri nati per gli altri, inconsci del loro proprio Io! Esseri che in parte esistono, e che Shakespeare ha poetizzato creando Desdemona, Cordelia, Giulietta, etc, etc,». Lettera di Verdi a Giulio Ricordi del 22.4.1887 in Franco Abbiati, Giuseppe Verdi, 4 voll, Milano, 1959, IV, pp.331-332 cit. in Julian Budden, Le opere di Verdi, III, cit., p. 323.

[28] «Questa concezione ha anch’essa le sue radici ‘romantiche’ in Schlegel che aveva fatto ricorso a immagini devozionali per descrivere quella che egli considerava una Desdemona immacolata: ‘E’ una vittima senza macchia’; ‘ella è dolce, umile, semplice, e così innocente che non può nemmeno concepire l’idea dell’infedeltà». James H Hepokoski, La disposizione scenica per l’Otello di Verdi. Studio Critico, in James H. Hepokoski, Mercedes Viale Ferrero, Otello di Giuseppe Verdi trad. it. Francesco Degrada, Milano, Ricordi, 1990, pp. 9-80: 29.

[29] Sarebbe interessante studiare se il fatto che Shakespeare abbia attribuito a Iago la qualità di puritano potesse essere una satira politica nei confronti dei puritani che contestavano, e di lì a qualche anno avrebbero abolito, il teatro elisabettiano, sancendone la fine definitiva nelle forme di rappresentazione e, per molti anni, la possibilità stessa di rappresentare le opere degli autori inglesi del periodo elisabettiano. Per la storia e le sorti del teatro elisabettiano vedi Allardyce Nicoll, Lo spazio scenico, Roma, Bulzoni, 1971, pp. 104-113

[30] Per gli aspetti della sessualità ‘disturbata’ di Iago vedi in particolare Alessandro Serpieri, Otello: l’eros negato, cit.

[31] «Egli vuole esacerbare e disgustare i sensi d’Otello, affinché il suo cuore non gli chiarisca l’innocenza di Desdemona: ciò spiega perché Iago adoperi espressioni che fanno inorridire il pudore. Se Shakespeare avesse scritto à dì nostri, sicuramente le avrebbe mitigate; ma la verità de’ colori vi avrebbe alquanto perduto». Citazione da Schlegel nelle note alla traduzione di Rusconi dell’Othello di Shakespeare riportata in James H Hepokoski, La disposizione scenica per l’Otello di Verdi. Studio Critico, cit. p. 27.

[32] Massimo MIla, Otello, in L’Arte di Verdi, Torino, Einaudi 1980, p. 218 cit. in Guglielmo Pianigiani, Giuseppe Verdi, Otello, cit., p. 123.

[33] Frits Noske, ‘Otello’ dramma attraverso la struttura, cit, p. 169.

[34] «Credo scellerato. Non si potrà fare a meno di rilevare l’inusitata enfasi sulla proiezione religosa e

metafisica cui è assoggettato il più umano dei drammi di Shakespeare». Francesco Degrada, Otello: da Boito a Verdi, cit. p. 158.

[35] Vedi più sopra n.7 e 8.

[36] Disposizione scenica per l’opera Otello, a cura di Giulio Ricordi, riprodotta in James H. Hepokoski e Mercedes Viale Ferrero, Otello di Giuseppe Verdi, cit, pp. 116-117.

[37] Harold S. Powers, Boito rimatore per musica, cit. p. 356. Per l’aria scritta da Boito in origine vedi tavola VIII, p. 374.

[38] Richard Wagner, Parsifal, a cura di Guido Manacorda, Firenze, Sansoni, 1982, pp. 77-79.

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